FIGURE DI EROS
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Testo di DARIO BORSO
Il mito in senso stretto abdicò in Occidente alla sua funzione appena divenne oggetto di discorso-lo- gos. Almeno da Platone dunque, che lo usò a semplice illustrazione del suo pensiero, ma soprattutto con la modernità e il punto di svolta dell’Illuminismo. Ciononostante esso è sopravvissuto, in forme sotterranee e spesso come sintomo. Walter Benjamin ne ha mostrato alcuni aspetti in Parigi capitale del XIX secolo, e già Sigmund Freud l’aveva rintracciato nei suoi malati, dove il mito di Edipo, da rito pubblico nella tragedia greca, si riduceva a privatissimo complesso.
A farne le spese fu anche e soprattutto Eros, dio primordiale figlio di Afrodite che perse presto la sua consostanzialità coi riti orgiastici per patire, già con l’ultimo dei poeti tragici Euripide, uno sdoppiamento tra amore mirante alla felicità e amore dedito alla vita torbida (e Platone, in sintonia, nel Simposio distinse un’Afrodite celeste-urania da una volgare-pandèmia). Il Cristianesimo non fece che portare a estrema conseguenza l’evoluzione opponendo all’amore-agà pe (la latina caritas) quello carnale.
Ma non è finita: la desacralizzazione dell’eros chiamava la sua dissacrazione. Così all’alba del XX secolo Alfred Jarry pubblicò due antiromanzi, Messalina e Il supermaschio, dove a far da padrone è l’eccesso: superprostituzione femminile e superprestazione maschile, estremizzate entrambe a feno- meno da baraccone da un’ironia iperbolica quale via regia d’accesso ai misteri del dio.
Su questa scia ideale, che ha segnato tante avanguardie nel mondo dell’arte, si collocano ora le tre variazioni qui presentate nel piccolo rito di una mostra:
la Venere di Paolo, non più anadioméne, ossia emergente dalle acque, bensì immergentesi nel liqui- do amniotico dell’inconscio;
il Priapo di Piermario, divinità fallica che richiama irresistibilmente il sarcastico Eros e Priapo di Carlo Emilio Gadda;
l’Europa di Luciano, ninfa rapita da Giove mimetizzatosi in toro, disponibile e professionale al pun- to da rappresentare, più che l’eros, l’euros…
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