Sublimi




















Nella cornice del programma biennale dedicato al tema del rimosso nella società contemporanea, il progetto im-maginato da Namsal Siedlecki parte dalla ritualità della festa hindu più rappresentativa dell’India, Durgā Pūjā. La festività dura sei giorni: ogni anno, migliaia di idoli devozionali vengono costruiti e infine immersi nei fiumi. Il processo che porta alla realizzazione di un feticcio raffigurante la dea Durgā, con le sue caratteristiche dieci braccia, parte sempre da un’anima impagliata, che Namsal usa per farne la base di una nuova scultura, un nuovo idolo. Al centro della navata, questa figura si erge su un piedistallo in terracotta. L’esistenza appena abbozzata dell’anima in paglia, ancora senza piedi, mani e testa, viene fissata nella permanenza del bronzo, corpo solido e lucente dall’aspetto di armatura.
Se da una parte Siedlecki sottrae un momento della ritualità festiva, prelevando il feticcio, dall’altra reintroduce nuove forme di processualità attraverso il proprio vocabolario. Una volta al giorno, la scultura si riattiva animandosi attraverso la capacità trasformativa della materia: ricreando il meccanismo fisico della sublimazione, una sagoma di ghiaccio sublima passando dallo stato solido a quello gassoso, creando una densa condensa intorno all’opera. Posta in un incavo sulla sommità, intorno a dove la testa della dea dovrebbe emergere, questa sembra evocare una trasfigurazione del sacro nel profano, senza rinunciare all’idea di trascendenza della ritualità origi-naria. Una volta al giorno, la trasfigurazione mostra la natura simbolica ed evocativa che supera l’oggetto in sé, portando a modificare il bronzo stesso nell’arco della mostra per effetto ossidativo.