L’anima ritrovata di un capolavoro
Attraverso suggestioni sospese tra passato e presente, con l’opera “MOTHER” Robert Wilson dona nuova luce e nuova vita ad un capolavoro senza tempo, la Pietà Rondanini di Michelangelo, reinterpretando in modo inedito e coinvolgente uno dei simboli immortali della città di Milano.
Articolo di Alessia Baranzini
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Dal grembo delle Alpi Apuane, tra candore e impurità, tra luce e tenebre, nasce il marmo bianco di Carrara: una materia viva che trattiene in sé l’essenza stessa della natura umana. Nel grembo materno, tra silenzio e oscurità nasce la vita dell’uomo, e tra questi troverà fine.
Nel buio inizia e finisce l’umanità e, nel buio, inizia e finisce MOTHER, l’opera con cui Robert Wilson offre una nuova, dirompente visione di uno dei capolavori e simboli senza tempo della città di Milano: la Pietà Rondanini.
Attraversando Porta di S. Spirito, ed entrando nel Cortile delle Armi del Castello Sforzesco, ci si trova all’ingresso dell’Antico Ospedale Spagnolo, un luogo segnato da secoli di dolore e preghiera. Qui, dal 2015, ha sede il Museo dedicato all’ultimo capolavoro di Michelangelo Buonarroti e nei suoi spazi fino al 18 maggio prende vita il dialogo tra il grande regista americano e lo scultore che più di ogni altro ha dato forma all’immaginario della perfezione nel mondo occidentale.
È un incontro tra passato e presente capace di generare interpretazioni di valore universale. Attraverso un utilizzo sapiente della luce e una ricercata drammaturgia visiva, Wilson estrae la Pietà dall’oscurità e la riveste di un corpo nuovo, senza peso, emotivo e contemporaneo, quasi a completare ciò che il maestro del Rinascimento ha tristemente lasciato incompiuto alla sua morte, nel 1564.

Per Wilson la luce non è decoro di ciò che guardiamo ma è la chiave che ci permette di vedere. Come essa guida il nostro sguardo nel quotidiano, così il regista ne fa strumento per accompagnare gli spettatori: attraverso la luce egli crea lo spazio e lo sottrae, non solo animando la dimensione fisica dell’opera e del Museo ma anche spalancando un ambiente emotivo in cui i presenti possano vivere liberamente la loro spiritualità. È nel loro sguardo che l’opera accade, vive.
«Quando ho visto per la prima volta la Pietà non finita di Michelangelo — ha raccontato Wilson — sono rimasto seduto a guardarla per oltre un’ora. […] Era come guardare attraverso una porta aperta, uno spazio che dà il tempo di pensare e il tempo di sognare. Sono stato tentato dall’idea di metterla in scena, ma un capolavoro non ha davvero bisogno di una messa in scena».
All’ingresso i visitatori sono accolti dalla penombra. L’unico elemento illuminato è un masso, poggiato a terra davanti al sipario: un accorgimento vincente e funzionale proprio per spezzare la sensazione della quarta parete. Non ci si trova in un ambiente di finzione ma in uno spazio di verità e presenza.

«È buio davvero!» bisbiglia qualcuno. MOTHER comincia, e anche quell’unica pietra è inghiottita nell’oscurità, un buio così profondo da non lasciar intravedere le proprie mani, figurarsi la spalla di chi ti è seduto accanto. Non si percepiscono i propri contorni, non si percepisce la presenza degli altri. Si torna soli e, al contempo, si diviene tutt’uno con il corpo fisico e spirituale dell’opera, oltre che con l’esperienza artistica stessa.
Mentre Wilson apre una finestra luminosa nei pensieri e nelle emozioni di chi osserva, la musica potente dello “Stabat Mater” di Arvo Pärt incalza lo sguardo oltre la materia.
La luce ripercorre le due figure, così magre e lontane dai soggetti muscolari e slanciati a cui Buonarroti si era dedicato per tutta la vita.
Pärt ripercorre il dolore della vicenda umana e, come l’autore, pare intento a estrarla dal marmo.
Rumori sordi, vibrazioni, cambi di atmosfera: l’esperienza di MOTHER è carica di accenti che restituiscono tutta la forza di una scena immutabile ed eterna.
Ad un tratto il volto e la figura della Madonna, illuminati da un chiarore blu, etereo e immacolato, appaiono trasfigurarsi e trascendere. Anche la figura esanime del Cristo si ravviva e respira per un ultimo istante.
Con un crescendo di archi giunge la morte: una roccia si tinge di rosso, si ritorna nel buio.

MOTHER è certamente una potente esperienza multisensoriale. L’utilizzo dei dispositivi elettronici, è per fortuna vietato. Il buio può davvero avvolgere completamente i visitatori, annullando per un attimo i sensi prima dell’immersione totale. Abituarsi all’oscurità e al silenzio è una delle parti più difficili: questi sono sempre più rari a causa dei tanti schermi che usiamo ogni giorno.
L’installazione creata da Wilson aiuta a riacquistare un rapporto con la luce ma anche con quel buio di cui si è persa traccia, e a ridare a entrambi un significato nuovo, di pienezza e non di sottrazione.
Si esce dal Museo con un ritrovato e personale senso del sacro, sia esso un sacro umano o divino. Per qualche momento proseguono la commozione e i brividi. La luce del sole pare una conferma di salvezza e risurrezione. Si è appena tornati alla vita dopo aver vissuto un dolore incommensurabile e dopo aver provato, insieme ad esso, la speranza di una consolazione.

MOTHER è un appuntamento con la Pietà Rondanini da ripetere più volte, qualora se ne avesse occasione. Un consiglio è certamente quello di non sedersi nelle prime file disponibili, almeno la prima volta, e restare un passo indietro. Mantenersi lontani , fisicamente e psicologicamente, permetterà di essere presenti senza affondare troppo nell’emozione, osservando le proprie percezioni dall’esterno. Sarà utile anche per non farsi distrarre troppo dagli espedienti tecnici, come cavi e faretti, che si rivelano avvicinandosi alla scultura.
All’intervento di Wilson va poi riconosciuto il pregio non solo di richiamare l’attenzione del pubblico su un capolavoro del passato, ma anche di proporre una modalità nuova per entrare in contatto con un pezzo della Storia dell’Arte, attraverso un approccio innovativo, contemporaneo, profondamente intimo e personale. Musica e illuminazione non sono semplici accessori,sono anzi capaci di instillare linfa creativa in opere e artisti che, con il passare del tempo e delle generazioni, troppo spesso si pensa non abbiano più nulla da raccontarci. Ma la luce trova sempre la sua strada.“La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” – (Giovanni 1:5)

Redazione: Marianna Reggiani
Robert Wilson, “MOTHER”
A cura di Franco Laera
In collaborazione con Comune di Milano Cultura
Prodotto da Change Performing Arts e Salone del Mobile Milano
Museo della Pietà Rondanini, Castello Sforzesco, Milano
08.04-18.05.2025