Working on “INDIA. Of Glimmers and Getaways”













Tredici artisti indiani a Milano: pratiche, territori e immaginazioni condivise a Casa degli Artisti
Entrare a Casa degli Artisti in queste settimane significa attraversare un laboratorio aperto, un paesaggio di materiali, suoni, mappe, oggetti raccolti nella città e trasformati in nuovi racconti visivi. È l’effetto della residenza Working on “INDIA. Of Glimmers and Getaways”, che vede tredici artisti indiani lavorare fianco a fianco in preparazione della mostra al PAC Milano.
La varietà dei linguaggi è sorprendente. C’è chi, come Niroj Satpathy, segue le tracce materiali dei rifiuti urbani, trasformandoli in sculture che raccontano le economie sommerse della città; chi, come Gyanwant Yadav, legge la terra milanese come un archivio di memorie stratificate; chi esplora la tossicità industriale come segno politico del corpo e dell’ambiente (Mohit Shelare).
Accanto a loro, le ricerche sul suono funzionano come dispositivi di ascolto del territorio: Aasma Tulika e Suvani Suri costruiscono paesaggi vocali e sonori che si compongono a partire da incontri, voci anonime, rumori della città, tecnologie minime. Il collettivo Gabaa lavora sulla memoria tessile di Milano, intrecciando design, industria, migrazione. Kaur Chimuk porta con sé archivi e lotte queer e trans, trasformando poster e materiali di protesta in azioni performative che riscrivono la visibilità politica. Pinak Banik attraversa invece archivi storici, immagini e memorie coloniali per costruire nuove narrazioni alternative alla storia ufficiale.
Due giornate di incontri, letture e performance hanno segnato l’apertura del public program della residenza offrendo uno spazio di condivisione e scambio tra artistə, pubblicazioni e pratiche sonore.
Il 13 novembre è stato presentato il libro Camaraderie of Infidelities, a cura di Kaushal Sapre, Lantian Xie e Aarushi Surana, pubblicato da Mousse Publishing, Milano. Il volume raccoglie testi, immagini e frammenti che riflettono sulle relazioni, le solidarietà e i tradimenti come gesti generativi nella pratica artistica e collettiva. Nel corso della serata si sono succedute letture e interventi sonori, con la partecipazione di Kaushal Sapre e di altrə artistə in residenza, tra cui Aasma Tulika e Suvani Suri.
Il 15 novembre la residenza si è espansa in una sequenza di performance: in apertura Mix Streams, una composizione ibrida tra musica, lettura e performance, realizzata da Aasma Tulika e Suvani Suri, che intreccia voci e materiali provenienti dalle esperienze di residenza. Un flusso. Due set. Uno scambio. In dialogo, con sezioni trasversali sonore, attraverso la dissonanza, parlando sopra, oltre il passato e oltre.
A seguire, Ritual 4 – Post Script di Kaur Chimuk, un’azione performativa che riattiva un archivio di poster prodotti negli ultimi cinque anni: una stratificazione visiva di storie frammentate, sospensioni e atti di resistenza. L’artista ha proposto un percorso non lineare tra immagine e suono, in cui il gesto di “fermentazione” diventa una forma di traduzione e ri-orientamento della lotta.
La giornata si è conclusa con la performance di Pinak Banik che esplora le relazioni tra purezza, desiderio coloniale e memoria culturale. Attraverso atti di trasformazione e contaminazione, l’artista interroga le estetiche della sacralità e le dinamiche di cancellazione che le attraversano, suggerendo una possibile evoluzione del lavoro come intervento site-specific.
Il risultato è stato un mosaico di percezioni e ricerche che restituiscono un’India plurale, non stereotipata: un’India che si riscrive nella relazione con Milano.
La residenza che si concluderà il 24 novembre – e costituisce la prima fase del progetto espositivo “India. Di bagliori e fughe”, a cura di Raqs Media Collective e Ferran Barenblit, che apre al PAC il 25 novembre – diventa così un luogo di prossimità e reciprocità, dove lo scambio non è dichiarato ma messo in atto, giorno dopo giorno, opera dopo opera.