THE ITALIAN ART GUIDE


3 mostre da vedere a dicembre

La nostra guida alle mostre in Italia

Di Marianna Reggiani

02.12.2025

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Dicembre è il mese della felicità a tutti i costi. La trovi a prezzo scontato nei negozi, per pochi spicci alle bancarelle, ricoperta di glitter negli store più raffinati. Sembra che l’acquistino tutti, e che tutti abbiano voglia di mostrartela, fieri e sorridenti sul tuo feed alla fine della giornata.
Come dentro una gabbia, sembra non ci sia via d’uscita, come se fossimo tutti obbligati ad assistere a questo massacro emotivo, a partecipare a una gara alla quale non ci siamo mai iscritti. 

Andare in giro per mostre resta una delle poche cose che ancora ci permette di percepire il contatto con noi, con la curiosità, la stanchezza, la dissonanza con l’esterno. Liberi di capire e non capire, vedere o non vedere, fermarsi su un’opera per cinque minuti o tutta la giornata. Se fruita con onestà, l’arte è piena di scelte che rendono liberi.

Come ogni mese, ecco tre mostre alle quali non chiedere nulla se non comprensione. A loro volta, loro non avranno nulla da chiedere a te, se non, appunto, totale e disinteressata onestà.

Carla Accardi. Segni dell’anima #2 – Galleria Lombardi, Roma (dal 6 dicembre 2025 al 10 gennaio 2026)

Carla Accardi, Bluverde, 1964, tempera su carta, courtesy of Galleria Lombardi

Dipingeva per terra. Una mano sul pavimento e l’altra impugnava il pennello che scorreva sulla tela. Con questa posa Carla Accardi ha lavorato per anni, per dare forma a “l’impulso vitale che è nel mondo”1, reiterando la meraviglia della creazione attraverso l’atto pittorico, investendo il pennello di un potere primordiale, generatore. 

È questa centralità del segno che la Galleria Lombardi vuole celebrare, dedicando ad Accardi il secondo e ultimo capitolo del progetto Segni dell’anima, inaugurato con una mostra dedicata ad Antonio Sanfilippo. Il sodalizio artistico fra i due, sposati a Roma nel 1949, rappresenta infatti uno degli episodi più significativi dell’astrattismo europeo della seconda metà del XX e inizio del XXI secolo.

Sono ripetizione e differenza gli elementi portanti della ricerca di Accardi: la ripetizione di segni astratti emula i meccanismi di riproduzione della materia; la differenza di ogni segno, allo stesso tempo, rispetta il principio naturale per cui ogni prodotto è unico e diverso dagli altri. Le sue composizioni esplorano il bianco e nero, i colori, le superfici e i materiali, indagando la materia, lo spazio che occupa, la sua proliferazione sulla tela. Accardi tesse così un’ode al mondo che lei stessa abita, alla natura che lo governa. “Il percorso era mente, braccio e segno”2, senza interferenze. 

Con venticinque opere che spaziano dagli anni Cinquanta al Duemila, la mostra racconta così l’artista trapanese, unica donna firmataria del manifesto del gruppo Forma, militante femminista co-fondatrice di Rivolta Femminile, insegnante di scuola media sospesa dall’incarico per via di una conversazione sulla condizione femminile tenuta con le sue allieve: Superiore e Inferiore. Conversazione fra le ragazzine delle Scuole Medie è ancora oggi un manifesto della disobbedienza, di recente tornato sugli scaffali grazie ai tipi di Crackers Books. 

Luigi Ghirri Polaroid ‘79-‘83 – Centro Pecci, Prato (fino al 10 maggio 2026)

Luigi Ghirri, Modena, 1980. Serie: Polaroid-Still Life. © Eredi di Luigi Ghirri

Simulacro di una lentezza che oggi, evidentemente, ci manca, la Polaroid è tornata nelle nostre borse, sulle pareti delle nostre camere, nei nostri feed, in ricordo di un malinconico vintage che vorremmo ci salvasse dalla dittatura digitale. 

Per Luigi Ghirri, invece, la Polaroid è stato un vero e proprio esperimento per indagare l’aleatorietà del mezzo fotografico: invitato ad Amsterdam – sede europea dell’azienda – per provare la Polaroid 20×24, l’artista ha inquadrato oggetti, paesaggi e strade con un occhio che è riuscito a vederne l’anima, rompendo la scorza. Un esercizio di filosofia, o forse semplicemente il suo naturale modo di guardare. 

La patina indefinita, sfumata e trasparente rende i suoi soggetti dei fantasmi immortali, dai contorni tenui e gli angoli smussati: sono sogni, le visioni che si conservano nell’ultimo cassetto in fondo all’armadio. 

L’artista si ritrova così a raccontare un’intima quotidianità in terra straniera – l’Olanda -, lui così visceralmente legato alla sua nebbia emiliana. Il legame quasi carnale con il territorio che Giorgio Morandi – e nessun’altro come lui – ha riportato in pittura, Ghirri l’ha dichiarato scattando, rivelandosi poeta ancor prima che artista visivo, in grado di raccontare il tempo che si ferma, il momento straordinario in cui l’attimo si cattura oppure si lascia andare per sempre.
Il capitolo della vita di Ghirri portato in mostra al Centro Pecci, con la curatela di Chiara Agradi e Stefano Collicelli Cagol, è una parentesi della sua produzione che spesso passa inosservata, ma che è invece in grado di racchiudere i pilastri della sua fotografia: ambiguità tra assenza e presenza, onesta intimità, cuore sempre aperto.

Male extinction – Galleria Solito, Napoli (fino all’8 gennaio 2026)

Eva Gold, GOODNIGHT JESSICA, 2025, parrucche sintetiche, filo di alluminio, stoffa in acciaio

Cinque artiste internazionali – Sitara Abuzar Ghaznawi, Nora Aurrekoetxea, Caterina De Nicola, Eva Gold, and Miranda Secondari – si chiedono come potrebbe essere un futuro senza il genere maschile. Lo fanno non senza ragione, poiché stando a recenti ricerche genetiche, infatti, il cromosoma Y sta attraversando un processo di deteriorazione, rendendo spontaneo domandarsi che tipo di futuro ci aspetta. 

Quest’estate, la rivista New Scientist ha pubblicato la scoperta di un team di archeologi spagnoli, che nel 2008 aveva recuperato i resti del cosiddetto Ivory Man, considerato l’uomo più potente nella preistoria della penisola iberica. Nel 2021, dopo un’accurata analisi dello smalto dentale, la scoperta ha scioccato lo stesso team: l’essere umano che ha trascinato quelle ossa ormai ridotte a quasi nulla fu una “Ivory Lady”. Apparteneva a una donna quel corpo sepolto più di cinquemila anni fa accanto a un ricco corredo d’avorio, segno di rispetto, riverenza, estremo potere. Non un uomo, come a lungo si è pensato, perché più facile, intuitivo, spontaneo.

L’operazione di “re-sexing” compiuta dal team di archeologi ci dice dunque che le donne in età preistorica erano governanti, guerriere, cacciatrici e sciamane, avevano accesso a forme di controllo sulla terra, sul denaro e sulla famiglia. 

Le cinque artiste, chiamate dal curatore Massimiliano Scuderi a dialogare presso la sede dell’ex Lanificio patrimonio UNESCO, si impegnano in una riscoperta di “un Sé innato e selvaggio che è stato messo fuori legge dalla cultura circostante”3. Un esercizio di immaginazione, ma non solo: è una riflessione sulle proprie possibilità, sul proprio posto in un nuovo mondo in cui diminuiscono i rischi – come quello di essere stuprata, picchiata, uccisa – e cambia il rapporto con l’altro – dal momento che l’altro non c’è più.
Consapevoli che in un mondo del genere il loro destino è l’estinzione, le cinque artiste giocano con il simbolico, la cultura pop, i ruoli di genere e i luoghi comuni. Le loro installazioni  – parrucche, cucine industriali, camicie maschili deteriorate, tirapugni incastrati nel muro – invitano così a ribaltare le prospettive dominanti, a riappropriarsi di attributi storicamente riservati al maschile – potenza, forza, autosufficienza.

Invitano, insomma, a pensarsi Ivory Lady anche quando tutti sono convinti che lei non esista.

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1 Dal catalogo della mostra personale alla Galleria San Marco di Roma, 1955
2 link
3 Clarissa Pinkola Estés, psicologa junghiana